E’ arrivato il sole e sembra che centinaia di bambini siano come usciti dal letargo invernale: di colpo il parco dietro casa, fino adesso deserto, si è riempito all’inverosimile. Molti di questi bambini sono ancora vestiti come se fuori ci fossero cinque gradi, quando ieri la temperatura segnava 21 gradi.
Immancabilmente il parco era anche fangoso, solo ieri l’altro ha piovuto così tanto da allagare strade e negozi. Gli adulti, seduti sulle due panchine disponibili, erano in gran parte impegnati a sgridare e a dire cosa potevano fare e cosa no.
Viviamo in un paese che ci permetterebbe di stare all’aria aperta tutti i giorni, ma sembra che una regola non scritta ma largamente condivisa, voglia che i bambini non escano assolutamente da inizio autunno a primavera. In Svezia, notoriamente un paese dal clima rigido quasi tutto l’anno, vige l’obbligo a scuola di uscire un’ora al giorno, nella gran parte delle scuole i bambini stanno fuori due ore, con qualsiasi tempo, perché non esiste cattivo tempo, solo cattivo equipaggiamento.
Forse è l’ora di cambiare questa assurda mentalità italiana che obbliga le insegnanti di ogni ordine e grado a sottostare alle “minacce” di alcuni genitori che impediscono alla totalità della classe di uscire perché i loro figli hanno il raffreddore. Come se uscire fosse la causa del malanno, e non lo stare in uno spazio chiuso e ristretto con il calorifero acceso paradiso di ogni proliferazione di germi e batteri….
Forse, anzi, senza il forse, sarebbe l’ora di una rivoluzione culturale in questo senso: guardate i giardini delle vostre scuole, dei nidi, delle scuole primarie….se ci sono. In molti casi sono pezzi di terra ricoperti di quei tappeti morbidi con qualche gioco sempre uguale a sé stesso. Che tipo di esperienza può derivare dallo stare in questi giardini privati di qualsiasi elemento naturale, in nome della sicurezza? Il giardino come momento di sfogo alle tante ore passate chiusi dentro le sezioni o le aule, non come esperienza primaria e fondamentale per la crescita di un bambino. Così abbiamo bisogno della psicomotricità (senza togliere nulla al valore terapeutico di tale disciplina) per far muovere i nostri bimbi all’interno delle scuole, abbiamo bambini impauriti da ogni nuova esperienza, insicuri e perennemente con il moccolo al naso.
Il giardino, un vero giardino, quello lasciato molto allo scorrere del tempo e alla natura che dovrebbe dominarlo, sarebbe il luogo privilegiato della crescita di un bambino, un luogo che è palestra per il fisico e per la mente, dove il bambino impara cos’è il rischio e come si affronta, impara cosa è in grado di fare e cosa no, impara dall’esempio e dalla cooperazione con gli altri a muoversi in piena sicurezza e libertà….questo giardino manca tantissimo nella nostra cultura.
Chiudiamo i bambini in parchi giochi con scivoli e altalene e tappeti morbidi, al sicuro, perché fa comodo a noi genitori. Impediamo che si sporchino, impediamo che si arrampichino sugli alberi, spesso è impedito pure calpestare l’erba o giocare a palla…cosa stiamo togliendo ai nostri bambini? Che idea diamo dello stare all’aria aperta, del movimento, dell’esplorazione?
E’ l’ora di un radicale cambiamento, di un vivere la natura nella bellezza di ogni stagione. L’ora che siano i bambini ad uscire per sperimentare, toccare e vivere l’ambiente naturale nella sua pienezza, con il bello e il cattivo tempo, per imparare le leggi dell’Universo e della vita nella piena consapevolezza dello spazio che li circonda. Perché un giardino vero, un bosco, un campo, un fosso, uno stagno insegnano nella loro naturale evoluzione più di quanto potrà mai farlo un cartellone, una scheda da colorare, un’immagine solo su un libro….
Lasciamo che i bambini giochino fuori, perché siano bambini selvatici ora, adulti felici domani.